venerdì 17 febbraio 2017

Catalogazione di reperti archeologici

Oggi vediamo insieme come si procede per la catalogazione di reperti archeologici.

Ogni ente/laboratorio/università solitamente utilizza una propria scheda di catalogo preimpostata da compilare per ogni reperto. Sebbene esse possano differire leggermente le une dalle altre per contenuto e ordine delle informazioni, le voci che contengono solitamente comprendono:

Numero scheda: i numeri vanno inseriti progressivamente. Nel caso si faccia qualche errore, è possibile sistemare le cose con la dicitura "bis".
Ad esempio: se abbiamo inserito lo stesso numero (4) su due schede, potremo chiamare una delle due "4 bis", oppure "4.1". E' assolutamente fondamentale che ogni scheda abbia un numero univoco, differente dalle altre, per non creare confusione.

Oggetto: annotare di che oggetto si tratta, se possibile specificandone anche la tipologia.
Facendo un esempio, possiamo scrivere "lucerna", ma sarebbe meglio quando possibile dare un'indicazione più precisa come "lucerna fittile a canale aperto".
Non dobbiamo dilungarci troppo (per una descrizione più accurata è solitamente presente il campo "descrizione", che vedremo più avanti), ma è meglio essere precisi.

Collocazione: qui va indicato il luogo in cui si trova il reperto oggi (attenzione: NON il luogo di rinvenimento!) Solitamente le scatole/scaffali/cassetti in cui viene conservato il materiale archeologico hanno una siglatura precisa pertanto è bene riportare tutte le informazioni che abbiamo a nostra disposizione in modo che sia poi facile andare a ritrovare l'oggetto una volta che sarà rimesso al suo posto.
Esempio: Deposito museo tal dei tali, armadio X, scatola 124.

Classe di produzione: specificare a quale tipologia di oggetti appartiene il reperto in esame (utensili, armi, ornamenti....). Anche in questo caso è utile essere specifici se possibile (es. utensili da cucina, armi da lancio...).

Luogo di provenienza: qui si dovrebbe indicare il luogo di rinvenimento del reperto.
In assenza di indicazioni certe sul luogo di rinvenimento, è possibile annotare ad esempio il luogo da cui proviene (soprattutto su reperti risalenti all'epoca romana è possibile trovare sul reperto l'indicazione del luogo in cui è stato prodotto).

Numero di inventario: dovrebbe essere riportato direttamente sul reperto (in casi di reperti già siglati e inventariati). In caso contrario, dovrete assegnare al reperto un numero di inventario progressivo. Anche in questo caso, ogni ente segue un proprio sistema di inventariazione che bisognerà seguire.

Specifiche di reperimento: vanno annotate in questo campo tutte le notizie riguardanti il reperimento dell'oggetto: data di rinvenimento, settore, quadrato, particolari annotazioni provenienti dai diari di scavo.

Misure: con il calibro vanno riportate altezza, lunghezza e larghezza (spessore).

Peso: solitamente in caso di reperti di piccole dimensioni si può utilizzare una normale bilancia da cucina, e viene espresso in grammi.

Datazione/fascia cronologica di riferimento: anche in questo caso è sempre meglio essere più specifici possibile, senza però ipotizzare datazioni azzardate se non siamo in possesso di elementi sufficienti. Se esiste una documentazione precedente, è bene consultarla per reperire eventuali datazioni proposte in precedenza in base allo strato in cui il reperto è stato rinvenuto o determinate da specifici esami di laboratorio. In caso non disponiate di queste informazioni, potete procedere ad un confronto con altri reperti dalla datazione nota per individuare l'arco cronologico più probabile.
Es. "Neolitico antico".

Descrizione del manufatto: in questo campo potete inserire una descrizione accurata del manufatto. Se ad esempio stiamo catalogando una lucerna fittile, potremo riportare oltre alla tipologia anche annotazioni riguardanti i trattamenti della superficie (es. levigata, verniciata...), il colore, il tipo di impasto utilizzato, eventuali decorazioni o scritte presenti sul manufatto.
Es. "Lucerna fittile a canale chiuso in ceramica levigata di colore chiaro, impasto grossolano e presenza di piccoli inclusi".

Stato di conservazione: riguarda lo stato del reperto, che può essere in buono stato di conservazione o deteriorato in vario grado, intero o frammentario ecc... E' bene annotare in questo campo se mancano alcune parti (es. ansa mancante) e se il reperto ha subito interventi di restauro (in antico o in epoca moderna).

Documentazione fotografica: allegare le fotografie del reperto (secondo i criteri di fotografia dei reperti archeologici, senza dimenticare di inserire al momento dello scatto la scala di riferimento)
E' utile posizionare i reperti su sfondo bianco o nero, fotografando tutti i lati e facendo fotografie di particolari dettagli che possono risultare rilevanti.

Documentazione grafica: allegare il disegno del reperto.

Note: in questo spazio potete inserire tutte le ulteriori informazioni che potete trovare sul reperto o che potete dedurre dalla sua diretta osservazione e che non avete inserito nei campi precedenti. Tali informazioni possono riferirsi anche a precedenti inventariazioni, lasciti, trasferimenti da una sede all'altra ecc.

Confronti: vanno qui inseriti i reperti che avete utilizzato per il confronto (ad esempio per capire la provenienza geografica o cronologica di un reperto). Nel caso siano stati consultati disegni presenti in pubblicazioni, è utile inserire la citazione bibliografica.





martedì 2 febbraio 2016

ArcheOS

Riporto questo post di Luigi Pietrobelli su una distribuzione interamente dedicata all'archeologia: ArcheOS.
Pochi sono i programmi specifici gratuiti e alla portata di tutti, mentre questa distribuzione fornisce alcuni programmi molto carini.

"Come promesso ho provato la distribuzione Linux ArcheOS.
Ho scaricato la distribuzione da qui (http://www.archeos.eu/wiki/doku.php?id=download#download_links) e provata su una macchina virtuale.

Personalmente trovo molto interessanti questi programmi:
MAKEHUMAN: un programma opensource in grado di creare modelli umani in 3d.
GvSIG,OpenJUMP,Quantum GIS e GRASS: due programmi per la georeferenziazione.
GPSDrive: programma per la gestione delle informazioni del gps.
GIMP,Inkscape e Stippler: per la gestione delle immagini.
MeshLab: un programma open source per il mesh processing.
insight3D: programma per creare dei modelli 3D da fotografie
OpenOffice Base,PostgreSQL,SQLite: per la gestione dei database.

... in più la solita suite per la gestione dei documenti.

Ricordo a tutti che sotto al "cofano" c'è Linux e in particolare Debian “Squeeze”. Il sistema è già configurato e pronto all'uso, quindi niente paura!

Consiglio per tutti: provate ad avviare la distro da chiavetta usb, è molto comodo e più performante. In oltre così avrete un sistema "portatile".
PS: dato che non sono un archeologo, ma un informatico vi consiglio di seguire il link in allegato al post. Se vi serve aiuto informatico chiedete pure a me o postate una domanda nella community di informatica (https://plus.google.com/communities/115328664263277634583).

PPS: ArcheOS è un progetto italiano!

http://www.academia.edu/1705295/ArcheOS_v.4_the_new_release_of_the_Archaeological_Operating_System

venerdì 8 maggio 2015

Le tesi degli altri

Un buon metodo per farsi un'idea da cui partire per impostare una tesi è quello di consultarne alcune.
Solitamente le biblioteche universitarie hanno appositi elenchi per la consultazione, on line o cartacea, delle tesi universitarie.

Molto probabilmente qualcuno ha già fatto prima di voi qualche ricerca sull'argomento della vostra tesi, quindi è buona norma controllare per vari motivi:
- trarre ispirazione e farsi un'idea su come impostare il lavoro (questo non vuol dire copiare di sana pianta la tesi altrui)
- aggiornarsi sulle informazioni più recenti
- consultare la bibliografia a riguardo

Le tesi degli altri possono contenere gli ultimi dati della ricerca, darvi spunti interessanti proprio per non fare un doppione del lavoro altrui ma per trattare l'argomento in maniera differente, ma consapevole, magari da un altro punto di vista o ponendo l'accento su problematiche e tematiche tralasciate o affrontate solo parzialmente da chi vi ha preceduto.

Come per qualsiasi altra pubblicazione, è obbligatorio e corretto citarne la fonte, anche quando si tratta di una tesi di laurea. Contattare i colleghi che l'hanno scritta, se disponibili, può essere un ulteriore valido aiuto per potervi confrontare con chi si è già occupato dell'argomento.

L'elenco delle tesi della biblioteca della vostra o di altre facoltà è quindi una miniera di informazioni che conviente sfruttare al meglio per rendere il vostro lavoro non solo completo ma anche originale.

venerdì 29 giugno 2012

Numerazione pagine tesi di laurea

La numerazione delle pagine può seguire diversi criteri. I più comunemente usati sono i seguenti:

- le pagine si contano a partire dalla prima dopo la copertina (si includono quindi il frontespizio, le pagine bianche ecc.)
- il numero di pagina compare soltanto a partire dal primo capitolo
- il numero di pagina NON deve comparire sulle pagine bianche, le pagine contenenti solo un titolo, il frontespizio, la pagina dell'indice e la prima pagina di ogni capitolo. Esse vanno comunque contate.
- in genere la bibliografia non va numerata, come le appendici

La numerazione va fatta con numeri arabi.

Il numero delle pagine si può anche contare a partire dalla prima pagina del primo capitolo, senza contare quindi tutto quello che viene prima, che può eventualmente essere numerato con numeri romani (comunque il numero non deve comparire sulle pagine bianche e sul frontespizio).

Come consiglio sempre, chiedert consiglio al vostro relatore su come vuole la numerazione delle pagine. Altrimenti questi criteri dovrebbero essere esaustivi.

NB: talvolta con word non è possibile nascondere i numeri di pagina (es. per una pagina bianca ecc.)Un piccolo accorgimento è quello di inserire un quadratino bianco e applicarlo sopra al numero di pagina, che verrà così nascosto. Pertanto basta fare:

> inserisci
> forma
> selezionare il quadrato
> cliccare col destro sul quadrato
> riempimento
> selezionare colore bianco
> linea
> selezionare colore bianco
> spostare il quadrato sovrapponendolo al numero di pagina che desiderate nascondere

venerdì 30 marzo 2012

Piccola guida di buone maniere

Tutti dicono che i ragazzi d'oggi sono maleducati, noi invece vogliamo sfatare questo mito, vero? Non si tratta di comportarsi come se si fosse al cospetto della regina Elisabetta, ma un po' di buone maniere aiutano sempre nella vita, e sicuramente contribuiranno a mettervi in buona luce (e non solo in università).

- quando vi presentate ad un esame orale salutate il docente con "Buongiorno" o "Buonasera", evitate di dire "Salve" (non ho mai capito perché, ma è considerato poco formale e alcuni professori potrebbero non gradire).

- l'abito non fa il monaco...ma fa la sua bella figura! Il che non vuol dire che dovrete essere ogni giorno imbellettati e infiocchettati, ma che almeno agli esami si vada vestiti in maniera consona (no a tute, vecchie maglie sformate stile pigiama,  minigonne inguinali o abitini da discoteca). La sobrietà in questi casi è la regola d'oro, non siete ad un ricevimento ma nemmeno al party dell'estate!

- se dovete contattare un docente per mail rispettate le regole di una comunicazione formale (non esordite con "Buongiorno"ma con "gentile/egregio Prof...), accertatevi di esprimervi in italiano corretto, senza errori di ortografia. Ricordate di porgere i vostri cordiali saluti e di firmarvi con il vostro nome e cognome. Alcuni professori rispondono in maniera alquanto laconica (si, no, va bene), ma questo non vi autorizza a trascurare le semplici regole sopra citate.

- ai docenti ci si rivolge sempre dando loro del "Lei", non si da del tu e non li si chiama per nome. Questo vale anche per gli esercitatori, per gli assistenti e per i dottorandi.